“Ancora adesso quando vado in in giro e vedo scritto Copma, mi sento sempre fiera di essere stata parte di questa cooperativa ”
Bragaglia Miranda, socia lavoratrice per 35 anni, consigliera e caposquadra.
Bragaglia Miranda è andata in pensione 3 anni fa, nel 2018. Prima di iniziare la nostra chiacchierata passa a salutare nei vari uffici e a vederla muovere in sede è un po’ come non fosse mai andata via.
E’ stata assunta nel 1983, a poco più di ventisette anni quando Copma vinse l’appalto dell’Ospedale di Portomaggiore, area geografica che ha poi gestito per tutto il tempo che ha lavorato in cooperativa. E’ stata in consiglio di amministrazione per tre mandati.
Parliamo degli inizi, di quando, da giovanissima, sei entrata in cooperativa.
“Sono stata assunta per un paio di settimane in sostituzione di una persona in ferie all’ospedale di Argenta. Allora avevo un bimbo piccolo e ho pensato ‘Vabbè dai accetto, per un periodo breve può andare’. Poi il periodo breve si è allungato fino a diventare 35 anni!”
Però!, una certa differenza fra una prospettiva di 10 giorni e una lunga 35 anni…
“Decisamente! Diciamo che sono arrivata nel momento in cui Copma cominciava a vincere i primi appalti nella zona in cui abitavo, perciò posso dire di essermi trovata al posto giusto nel momento giusto. Ho iniziato facendo l’ausiliaria, il ché significa che facevo le stesse cose del personale assunto dall’ospedale. Mi occupavo non solo delle pulizie ma anche del portantinaggio, della cucina, facevo anche la prenotazione degli appuntamenti per le analisi.”
Dicevi che erano gli anni della crescita di Copma anche nelle aree fuori dal comune di Ferrara.
“Era il primo ottobre 1983 e noi ci eravamo aggiudicati i primi appalti inerenti il Comune la sanità di Portomaggiore, e non solo. Siamo poi entrati nella residenza per disabili, nelle scuole e anche nelle fabbriche. Erano anni molto belli, di fermento e espansione. Facendo parte del Consiglio di Amministrazione ho potuto seguire e capire la portata dei lavori che andavamo acquisendo. Ho vissuto proprio i momenti che ci hanno portato poi a un respiro nazionale.”
Come li ricordi quegli anni, cosa li hanno caratterizzati?
“Sono stati anni molti intensi, in cui si lavorava molto. Io mi occupavo anche di supervisionare i cantieri di Argenta e di Cento. Capitava anche che si dovesse lavorare di notte, dalle 10 della sera fino alle 2 o alle 3, quando si dovevano fare le pulizie di fondo, per esempio. Poi la mattina dopo eri di nuovo in servizio. Alcune volte mangiavo una pizzetta seduta per le scale… Ma lo facevo con piacere… sarà che ero più giovane, ma a me dava una gran soddisfazione, perché si lavorava bene, con volontà, con spirito.”
Cosa ha significato per te Copma?
“Tutto! Anche solo per essere arrivata alla pensione! Se non avessi accettato di venire qui chissà come sarebbe andata… qualche volta ci penso. Prima di lavorare per Copma lavoravo per un laboratorio di abbigliamento che ora non c’è più. Certo, non è stato facile, soprattutto avendo un figlio piccolo, e devo dire che è stato fondamentale il supporto di mia mamma e di mio fatello. Io poi ho ancora un piede dentro la cooperativa facendo parte dei soci sovventori, e lo sarò finché potrò farlo, perché così mi sembra che il legame sia ancora più forte e che ci sia una continuità nel tempo.”
Cosa ti piaceva di più del tuo lavoro da caposquadra?
“Mi piacevano molto i controlli di qualità, quando venivano i consulenti esterni o anche il personale della committenza. Tengo molto al rispetto delle norme, e capisco bene l’importanza dei protocolli nel riconoscimento della qualità del servizio. Se c’era qualcosa che non andava mi adoperavo subito per rimediare, per fare in modo che tutto fosse al meglio. Perché rappresentavo l’azienda e ci tenevo che fosse tutto in ordine. La rappresentavo al punto che non avevo nemmeno più un cognome mio ma ero per tutti Miranda Copma. Mi piaceva molto anche fare il lavoro di pulizia, in particolare ho sempre avuto una passione per fare i vetri! Ancora adesso se vado in giro e ne vedo uno che secondo me non è perfetto, mi viene voglia di pulirlo io. ”
C’è differenza secondo te fra essere soci o non esserlo?
“Non c’è una differenza di trattamento, perché siamo tutti uguali, ma io sono fiera di essere socia. La fierezza maggiore l’ho provata quando da piccola realtà siamo diventati grandi. Quello è stato un passaggio molto importante per noi. Anche oggi nel venire qui e vedere la sede nuova sono stata contenta, orgogliosa. Quando vado in in giro e vedo scritto Copma, mi sento sempre fiera di essere stata parte di questa cooperativa”
In un tempo così lungo che legami e che relazioni si intessono?
“Ci sono state occasioni in cui ho potuto conoscere meglio e più da vicino alcune persone. Ricordo ad esempio la volta che io e un gruppo di colleghi siamo stati per tre giorni sul Lago di Garda per una sessione formativa. E’ stata una delle occasioni in cui si sono creati rapporti di amicizia, di sostegno, di solidarietà. Ma ce ne sono stati altri… passando così tanto insieme è inevitabile. Quello che posso dire è che quando ho avuto dei momenti di difficoltà personale ho trovato la solidarietà e il sostegno dei colleghi, ed è stato un aiuto prezioso. Può capitare a tutti di vivere momenti bui. Quando mi accorgevo che era così per qualcuna, se ne parlava, cercavo di andarle incontro, di aiutarla, ma soprattutto di sostenerla. Anche con cose pratiche come ad esempio adoperarsi per andare a prendere i bimbi di una collega o di un’altra a scuola se erano in difficoltà a organizzarsi in casa per via dei turni. Insomma ci si aiutava per quello che si poteva.”
E’ un’apertura e una disponibilità non scontate.
“Penso che se non ti interessi alle persone con cui lavori, poi lavori male. Invece se c’è armonia si lavora meglio tutti e con più soddisfazione.”
Un episodio che ti ricordi in modo particolre?
“Un pranzo sociale a Monselice. Mi ricordo che ci si andava coi pulmini. Mi è rimasta impressa la volta, credo fosse il 1988, che hanno spento tutte le luci e ci hanno portato una torta enorme. E’ stata una bellissima emozione, non le lo aspettavo, mi ha sorpreso e infatti me lo ricordo ancora. Ma anche aver potuto vedere posti normalmente non accessibii. Una volta sono andata a misurare tutti i vetri del Comune di Ferrara. Ci sono posti meravigiosi dentro al castello, negli archivi storici, nei sotteranei. C’è un mondo che non si immagina da fuori, e che io ho avuto la fortuna di poter vedere grazie a questo lavoro”