“Per me Copma è legata a doppio filo alla mia giovinezza.Mi rivedo ragazza.
Le mie esperienze di vita e di lavoro sono intrecciate insieme. Non c’è mai stata per me una separazione rigida
fra lavoro e tutto il resto. Ho stretto rapporti personali molto forti, frequento le persone con cui ho lavorato
anche adesso, per quel forte senso di comunità che ho sempre sentito. “
Susanna Lasella, dipende Copma dal 1976
Con Susanna Lacasella ci apprestiamo a fare un viaggio non solo nella memoria, aiutati dal fatto che lei ne ha
una di ferro, ma anche nella topografia cittadina e nelle origini della cooperativa. Un’operazione che porta
alla luce cose che non tutti sanno.
Quando le chiedo se si ricorda la data di assunzione, la pronta memoria le fa rispondere senza un attimo di
esitazione che era il 13 gennaio del 1976:
“Avevo da poco compiuto i 15 anni, allora per lavorare bisognava averne almeno 14. Sono stata assunta per un compito specifico, non strettamente legato alle pulizie. Perché è vero che Copma è nata dall’iniziativa di un gruppetto di socie fondatrici per fare le pulizie, ma collateralmente, ed è la mansione per cui sono stata assunta, si occupava anche dell’amministrazione dei condomini costruiti dalle cooperative”.
Uno di questi complessi, forse il più noto, è il complesso chiamato ‘Il Quartiere’, simbolo dell’attuazione del
piano casa che avveniva in quegli anni. Ma cita anche le ‘6 Torri’ di Via Padova e ‘Il Germoglio’ in via Frutteti.
“Quindi all’epoca c’era bisogno di una persona che aiutasse il ragioniere a tenere tutti i documenti contabili
e che ne supportasse l’attività. Infatti la nostra prima sede era lì, in via Pietro Lana 1, dove c’era e c’è ancora
il condominio ‘Il Quartiere’. L’anno successivo, se non mi sbaglio, ci siamo trasferiti in Via Foro Boario”, mi
dice “E fui assegnata al centralino”.
Quindi a quel punto hai iniziato a occuparti anche delle attività che riguardavano Copma sotto il profilo
delle pulizie?
“Sì, oltre all’amministrazione dei condomini e occuparmi del centralino, ero di supporto all’ufficio che
emetteva le paghe perché facevo il conteggio delle ore che il personale svolgeva nei vari cantieri”.
Quali sono state, a tuo parere, le tappe fondamentali dell’evoluzione della Copma?
“La prima grossa svolta è avvenuta con l’acquisizione del Comune negli anni 76-77, ma soprattutto con
l’Ospedale Sant’Anna. All’epoca funzionava così: il personale stesso dell’ospedale faceva anche le pulizie.
Successe però che vollero provare una sperimentazione e cioè: dal 1 giugno al 30 settembre ci avevano
affidato il compito di trovare le persone che si occupassero delle pulizie quando andava in ferie il personale
dell’Ospedale. Mi sono occupata anche di questo in quel periodo, cioè di trovare le persone per coprire quel
servizio. Solitamente avveniva attraverso l’ufficio di collocamento, tramite le loro liste composte quasi tutte
di donne”.
Lo spaccato che Susanna racconta, è anche sociale nel senso che molte donne hanno trovato in questo lavoro
motivo per allontanarsi da situazioni di povertà o disagio familiare. E racconta anche di come la cooperativa
si sia sempre comportata, fin dalle sue origini, secondo un principio di solidarietà e cooperazione.
“Inizialmente ci fu un periodo difficile, in cui i bilanci si chiudevano in negativo. Poi grazie all’intervento della
Lega delle cooperative e con l’innesto di persone nuove e capaci, si è riusciti a risanare la situazione, ma c’è
voluto del tempo. Noi impiegate siamo state quasi un anno senza stipendio, le operaie circa sei mesi. Una
situazione davvero difficile, ancora di più per tutte quelle donne che contavano sull’entrata rappresentata
dallo stipendio di Copma. Si decise allora di pagare almeno le bollette di queste persone in stato di necessità.
Loro le portavano e noi le pagavamo”.
Un periodo molto difficile, di cui ci hanno parlato anche altre socie e che è rimasto impresso nella memoria
di chi lo ha vissuto, in maniera vivida. Diciamo però che superato questo momento Copma non si è più
fermata.
“Sì infatti prima tutto il Comune, poi l’ospedale Sant’Anna, di cui ci diedero l’appalto delle pulizie di tutto
l’anno e non solo nei mesi estivi. Successivamente sono entrati gli ospedali della provincia e tutti i distretti
sanitari collegati. L’espansione ha portato anche una mole di lavoro molto importante, ma la cosa bella è che
facevi squadra perché noi tutti ci credevamo molto. Ci tenevamo come si tiene a una cosa propria. Avevamo
molta attenzione, per il risparmio, per l’economicità, per non sprecare nulla. Ci tenevamo a far capire che era
un posto in cui ti dovevi comportare come a casa tua. Come in famiglia insomma, e infatti si cercava di venirsi
incontro, di risolvere, di migliorare”.
So che però a un certo punto ti sei licenziata.
“Sì, mi sono licenziata nel 1989, perché avevo vinto un concorso all’Usl e perché lavoravo davvero molto.
Copma si stava espandendo a un ritmo molto alto. Ero sotto pressione e ho preso la decisione di provare a
cambiare, anche se poi venivo comunque qui a insegnare il mio lavoro alle persone che mi avrebbero
sostituito. Poi però è successo che il concorso non è andato a buon fine e allora ho chiesto di poter rientrare
in Copma, e così è stato. Ripartendo però da zero, perdendo cioè la posizione che avevo acquisito quando
sono uscita.”
Se ti guardi indietro sei contenta?
“Molto, sono anche contenta e orgogliosa di dire che ho lavorato sempre nella stessa cooperativa. Non mi
sono mai sentiva fossilizzata. Io in questa cooperativa ci ho sempre creduto, fino alla fine. È importante
riconoscere e mantenere le origini. L’unica cosa di cui mi sono un po’ pentita negli anni è di non aver studiato.
Credo che se lo avessi fatto avrei meglio compreso il livello di complessità che è diventato negli anni sempre
maggiore”.
Qual è il valore che ha contraddistinto Copma in questi 50 anni?
“L’onestà, sicuramente, e anche il grande senso del rispetto della legalità. Inoltre la lungimiranza che ha
permesso a molti soci di mettere da parte delle buone risorse economiche tramite i libretti, ad esempio”.
Qual è il primo ricordo legato al Copma?
“Per me Copma è legata a doppio filo alla mia giovinezza. Mi rivedo ragazza.
Le mie esperienze di vita e di lavoro sono intrecciate insieme. Non c’è mai stata per me una separazione rigida
fra lavoro e tutto il resto. Ho stretto rapporti personali molto forti, frequento le persone con cui ho lavorato
anche adesso, per quel forte senso di comunità che ho sempre sentito. “